Prudenza e responsabilità, religione e fanatismo al tempo del Coronavirus

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La libertà di religione, di espressione del pensiero e di culto sono sacre, inviolabili. L’umanità si è battuta per secoli per sostenere e ottenere questi diritti per cui nessuno ha il diritto di metterle in discussione.

Tuttavia c’è da chiedersi: al tempo del Coronavirus, quando cioè le riunioni sociali metteno a repentaglio la vita di tutti, il diritto a presenziare a celebrazioni liturgiche, culti o manifestazioni religiose in genere, deve ancora essere garantito? Non diventa, invece, una forma di fanatismo religioso, oltre che una imperdonabile imprudenza che può causare la morte altrui?

Le autorità civili di molti Paesi (tutti diremmo) non sembrano avere dubbi sulla questione. Come è successo a Gerusalemme, dove la polizia è intervenuta con la forza per disperdere gruppi di fedeli “radicali” mentre sfidavano le regole di distanziamento sociale per limitare la diffusione della pandemia di COVID-19.

Lo scontro è iniziato quando la polizia ha fatto irruzione in una casa di culto affollata di fedeli, un numero molto più elevato di quanto consentito dalle autorità di sanità pubblica. Una ragazza è rimasta ferita da una granata stordente lanciata da un ufficiale di polizia.

Il ministro della sanità Yaakov Litzman, un rabbino ultraortodosso, ha criticato la polizia e ha chiesto che l’ufficiale che ha lanciato la granata fosse sospeso dal servizio. La polizia ha giustificato l’intervento sostenendo che i poliziotti sono stati “aggrediti da centinaia di rivoltosi”.

Tre ufficiali hanno ricevuto assistenza medica dopo essere stati feriti da oggetti contundenti. Le autorità hanno arrestato 12 persone, secondo l’emittente pubblica israeliana Kan.

L’evento si è verificato nell’area principalmente ortodossa di Mea Shearim, che è uno dei quartieri di Gerusalemme più colpiti dalla pandemia di coronavirus. Le rivolte a Mea Shearim non sono il primo caso di opposizioni per motivi religiosi alle misure di sanità pubblica. All’inizio di marzo, un evento simile si è registrato in Romania, dove un sacerdote, incurante delle normative di distanziamento, ha distribuito la comunione ai fedeli accorrenti.