L’imparzialità non è neutralità

L'imparzialità non è neutralità
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Nel lessico giuridico si trovano, di frequente, storture semantiche che modificano il significato corrente di alcuni concetti o istituti.

Si pensi agli atti “emulativi”, che non sono atti mirati ad imitare, copiare o plagiare il prossimo (come potrebbe immaginarsi dall’etimologia del termine”emulare”), ma sono azioni dirette a nuocere o recare molestia ad altri (sollevare, ad esempio, un muro nel proprio giardino al solo fine di occultare la vista panoramica al proprio vicino: è un atto emulativo).

O al concetto di “astrazione processuale”, che non evoca uno stato di profonda concentrazione tale da creare un distaccamento dalla realtà, ma descrive un’inversione dell’onere della prova nelle obbligazioni (la “promessa di pagamento” è un’ “astrazione processuale” in quanto dispensa, colui a favore del quale è diretta, dall’onere di provare il rapporto fondamentale che la origina: nulla a che vedere con la sfera di dominio del pensiero, con procedimenti intellettivi di “astrazione” mentale).

O, ancora, al concetto di pericolo, in ambito penalistico, che se è “astratto” risulta idoneo a configurare una fattispecie di reato; mentre se è “concreto” va valutato

dal Giudice nella sua effettiva lesivita’ (mentre nel gergo comune i 2 termini hanno significato opposto: “astratto” è ciò che è privo di immediata corrispondenza nella realtà; “concreto” è ciò che è determinato, definito nelle sue caratteristiche).

Il sottile “limes” tra gergo comune e “giuridichese” tende a sfumare nei concetti di imparzialità e neutralità. La differenza tra i 2 termini, in ambito giuridico, è che l’imparzialità corrisponde all’obbligo della Pubblica Amministrazione, nella sua azione di regolazione del bene comune, di valutare complessivamente tutti gli interessi coinvolti, primari e secondari, per il raggiungimento del miglior interesse pubblico; la neutralità corrisponde invece al distacco, all’indifferenza da tutti gli interessi.

Quando la P.A. agisce a tutela di interessi ampliativi o conservativi della sfera soggettiva del privato, persegue, in prima battuta, l’interesse di tutti i cittadini ad una scelta ragionevole, equa, tesa a raggiungere la “stella polare dell’agere amministrativo, ossia l’interesse pubblico”.

È, perciò, imparziale ma non neutrale: non si limita a decidere secondo equità pronunciandosi nel rispetto dei consociati, ma ha un occhio attento al suo fine precipuo di tutela pubblica.

Il giudice, invece, nella sua funzione giurisdizionale non persegue altro obiettivo che la equanimita’ di giudizio: è un soggetto terzo, estraneo alla contesa, che non tutela altri fini.

I dubbi sorgono relativamente alla congruità e proporzionalità di giudizio della Pubblica Amministrazione: se nel valutare un fatto non si pone in maniera distaccata, neutrale, ma persegue interessi ultronei alla disputa, può sempre considerarsi equo e “super partes” il suo incedere?

Maggiori profili di dubbio ha destato, ancora, la connotazione di “imparzialità” o “neutralità” riguardo all’attività delle Autorità Amministrative Indipendenti.

A discapito del nome, infatti, si tratta di Enti di natura ibrida rientranti ora negli organi giurisdizionali, ora nelle Amministrazioni Pubbliche.

Sono Autorità Indipendenti: l’ Antitrust, la Consob, l’ AGCM, l’ IVASS…

L’equivoco sorge dalla loro natura “proteiforme”: si tratta di Amministrazioni che regolano determinate materie, decidono sulle stesse (c.d. funzione Giusdicente: “ius” comprensivo sia del regolare che del decidere) e impongono linee guida vincolanti e non (si pensi, per quest’ultime, alle funzioni ausiliarie di pareri e segnalazioni: c.d. “moral suasion”).

Proprio per la loro poliedrica attività non possono essere chiamate a giudicare in modo imparziale (stante, altrimenti, un palese conflitto di interessi): dovranno, invece, porsi in posizione equidistante dalle parti e giudicare in modo neutrale, equanime.

La neutralità non reca con sé alcun rischio di giudizio orientato: è, ontologicamente, scevra da ogni turbativa.

Nella condotta imparziale della P.A., invece, può essere ravvisato il “vulnus” al legittimo affidamento che ha posto il privato nel provvedimento: ogni volta che l’Amministrazione, in nome di un interesse pubblico, non accordi tutela a un soggetto titolare di una situazione giuridica soggettiva, il privato risulta leso.

In conclusione, in termini di efficacia e pervasivita’ di tutela giurisdizionale del privato è, di gran lunga, auspicabile un Giudicante neutrale che valuti le posizioni concorrenti sul solo piano della equanimità, piuttosto che un’Autorità imparziale che anteponga l’interesse pubblico al legittimo affidamento di una posizione di vantaggio, vantata dal privato.

Avv. Mauro Casillo