La televisione più di ogni altro mezzo di rappresentazione ci narra il mondo odierno. Utilizzare il telecomando è il modo più semplice che abbiamo per rapportarci alle problematiche della nostra nazione e del mondo. Dal tubo catodico sappiamo della guerra, della religione, della politica, dell’economia, della cronaca nera, del gossip, delle mode. Ma la televisione non è solo narrazione come quando ci informa con i vari telegiornali, notiziari, documentari e dossier. Interpreta anche il mondo e organizza la vita sociale, culturale e sessuale degli spettatori. Determina la sfera familiare, culturale, linguistica e sessuale dei cittadini e di conseguenza gli stessi rapporti e le stesse modalità di relazione tra gli uomini di oggi. La televisione influisce enormemente nell’ambito del desiderio, del divertimento, dell’apprendimento e dell’immaginario degli individui. Spesso fa in modo che prevalga nella mente di ognuno il principio di piacere rispetto al principio di realtà. Programmi di intrattenimento, pubblicità e film dispensano irrealtà e illusioni, che consentono al telespettatore l’evasione da una quotidianità sempre più alienata. Nella realtà abbiamo famiglie sempre più disgregate, ma la televisione- regina delle distorsioni e delle alterazioni del reale- ci fornisce l’immagine della famiglia del mulino bianco. I registi dei palinsesti televisivi sanno bene che la frivolezza deve fare da padrona nei programmi. La televisione inoltre ipersemplifica, suddividendo oggetti e soggetti in generi, categorie e tipologie. Nel giro di pochi decenni i codici culturali preesistenti sono stati annullati o resi desueti dalla televisione. Anche se inizialmente la televisione ha accelerato l’unificazione linguistica del nostro paese attualmente è la causa primaria della povertà linguistica dei giovani di oggi, che rispetto ad un tempo sono molto meno in grado di creare nuove metafore e di utilizzare le figure retoriche. Nel linguaggio televisivo significante e significato, contenitore e contenuto, mezzo e messaggio si confondono. Nella televisione spesso prevale il non senso. Alcune volte perché predomina l’irrazionalità, altre perché come nel caso dell’informazione troppe immagini e troppe notizie producono una sovrapproduzione di senso, che i telespettatori non riescono ad interiorizzare totalmente. Forse il merito della trasmissione Blob di Enrico Grezzi è proprio quello di aver evidenziato questo aspetto dell’informazione televisiva. Orami la tv ha creato scenari, immaginari ed elementi simbolici comuni e condivisi. Ciò dà l’illusione momentanea alle persone di sentirsi meno sole. La maggioranza delle coscienze individuali non ha più la forza di fare un’analisi accurata del sistema nonostante l’evidenza dei sintomi individuali e sociali. La televisione riesce in modo formidabile ad essere il metronomo che induce l’ipnosi collettiva. I rapporti dei mezzi di produzione esistono ancora oggi, ma se ne occupano solo sindacalisti, politici, sociologi ed economisti. Chi lo fa per lavoro insomma. Gli altri seguono distrattamente. Sembrerà un’espressione paradossale, ma è un ossimoro che descrive esattamente il comportamento di milioni di cittadini, ormai diventati spettatori passivi, non partecipi e distratti. La tv è allo stesso tempo strumento di regressione e di rimozione dei problemi e delle angosce del nostro tempo. La televisione è lo psicoterapeuta virtuale di tutti noi. Ci offre terapie, meccanismi di identificazione e di proiezione, ci dà la possibilità talvolta di catarsi, spesso risponde ai nostri interrogativi facendo analizzare da opinionisti ed esperti casi umani, casi di cronaca e fenomeni di massa. L’aspetto più problematico è che agisce in modo talmente subdolo e così in profondità, che solo pochi riescono a non subire il suo fascino perverso. Chi fa televisione è perfettamente consapevole che la mente razionale ha delle capacità di apprendimento molto più limitate rispetto alla mente inconscia. E il linguaggio televisivo è fatto in modo e maniera da condizionare rapidamente l’inconscio di tutti noi. Molti la criticano apertamente per non fare brutta figura, ma in realtà vengono condizionati quotidianamente dai programmi televisivi. Gli stessi intellettuali che dovrebbero criticarla e descrivere i suoi effetti deleteri vengono inglobati e fagocitati dagli schermi televisivi. Purtroppo sono pochissimi coloro che non pagano il canone ed evitano di guardare la televisione. Purtroppo sono un’esigua minoranza coloro che utilizzano come antidoto della buone letture private. Purtroppo non sono molti coloro che esercitano il proprio senso critico e il proprio scetticismo nei confronti dei messaggi e delle rappresentazioni, che vengono imposti da questo mass media. Questo elettrodomestico che assembla immagini è il matrix della società moderna, che ci controlla mentalmente. C’è sempre meno spazio per la creatività, per l’immaginazione, per l’intuizione, per l’arte. C’è sempre meno spazio per grandi sogni individuali e collettivi da quando la tv è entrata nelle case di tutti gli italiani. Chi fa televisione sa bene che per condizionare efficacemente i telespettatori questi non devono essere più in grado di distinguere tra realtà e finzione. Il modo più efficace per cancellare la linea di demarcazione tra realtà e finzione è quello di fornire eccessi di realtà(come ad esempio immagini violente di omcici, incidenti stradali, stragi e guerre) e irrealtà. I telespettatori sono così come Alex, il protagonista del film “Arancia meccanica”, che viene obbligato dagli scienziati del Programma Lodovico a sorbire filmati di violenza a tutte le ore. Allo stesso tempo quando spengono la televisione ed escono di casa talvolta possono avere la sensazione di essere come Jim Carrey del film “Truman show”, che si accorge gradualmente che tutte le altre persone sono comparse di un reality show, di cui lui è l’inconsapevole protagonista. Oggi infatti gli atteggiamenti e i comportamenti di molti non sono spontanei ed autentici, ma sembrano ricalcare gli stili di attori e protagonisti del piccolo schermo.

Davide Morelli – Pontedera