Il benessere psicologico dei lavoratori è stato studiato sia da un’ottica manageriale che in chiave ideologica. D’altronde le organizzazioni non sono costituite solo da fattori economici e tecnologici ma anche da variabili psicologiche e sociali. Viene da chiedersi quale sia il modo migliore da parte di un’azienda di utilizzare il capitale umano. Secondo Mc Gregor ci sono due teorie sulla natura umana, che sottendono qualsiasi organizzazione del lavoro. Secondo la teoria X gli uomini sono pigri, non amano il lavoro, devono essere sorvegliati, costretti, minacciati, puniti. Da questa teoria nascono le strutture paternalistiche-autoritarie, che si basano soprattutto sul rispetto ferreo di norme e regole. Ma tanti vogliono essere controllati e nessuno vuole essere controllato. Emerge in questa realtà aziendale la dicotomia persecutore/perseguitato e un’ansia di tipo paranoie/fantasmatica. I lavoratori sono controllati ossessivamente a costo di demotivarli. I dirigenti ritengono che l’efficienza aumenti con il controllo, con la sorveglianza da un lato e l’obbedienza dall’altro. Tutto è incentrato sulla gerarchia, sulla formalità, sulla prevedibilità. Il taylorismo ed il fordismo nascono da una simile concezione del lavoratore. L’organizzazione scientifica del lavoro era basata sulla pianificazione organica e funzionale, sulla ricerca sistematica dell’one best way. Ma la teoria X sfrutta le persone, non mette in debito conto l’interdipendenza sociale e nemmeno l’equilibrio psicofisico del lavoratore. A discapito della teoria X c’è da aggiungere che i gruppi informali sul lavoro possono boicottare l’azienda. Secondo la teoria Y invece i lavoratori devono essere motivati. Devono essere stimati e messi nelle condizioni di realizzarsi. Questa concezione considera la cosiddetta quality of working life e non solo gli incentivi materiali o la soddisfazione sui compiti. Il cosiddetto effetto Hawthorne corrobora questa teoria. Infatti Mayo in una serie di ricerche alla Western Electric negli anni venti scoprì che la produttività dei lavoratori aumentava sempre ed indipendentemente dall’aumento o dalla diminuzione della illuminazione. Ciò che migliorava la prestazione era la motivazione. Sempre sulla relazione tra prestazione e motivazione bisogna ricordare la piramide dei bisogni di Maslow e la distinzione tra fattori igienici(retribuzione, sicurezza sul lavoro, rapporti coi colleghi e coi superiori) e fattori motivanti(riconoscimento del proprio lavoro, possibilità di crescita personale) di Herzberg. Va però detto a discapito della teoria Y che non tutti i lavoratori sono responsabili e quindi non tutti si autoresponsabilizzano. Ci sono anche dei lavoratori problematici, i cosiddetti “lavativi”, che talvolta le aziende sono costrette a covare nel loro seno loro malgrado.  Infine c’è anche  chi pensa esclusivamente alla busta paga e se ne frega di autorealizzarsi sul lavoro. Insomma le due teorie sono una generalizzazione eccessiva: bisogna valutare caso per caso, individuo per individuo.

 

Davide Morelli – Pontedera